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L'Italia in cifre


English translation




By Stefania Fidanza, Barbara Buddeke of Accademia Farnese, Caprarola and Daniela Eutizi of the Regional Government of Viterbo, ITALY, 1997

Contribution to the EDUVINET "Living Conditions of EU Citizen" subject











Table of Contents


  1. Struttura dell popolazione
  2. Aspetti economici

    1. Storici
    2. Attuali
    3. Occupazione-disoccupazione

  3. Sistema formativo
  4. Welfare
  5. Protezione sociale



















Struttura dell popolazione

La popolazione italiana attuale ammontava al dicembre 1996 a 57.456.000 milioni di abitanti. Di essi il .15,1% (1995) e' rappresentato dai giovani al di sotto dei 20 anni il 68 % dalla popolazione tra i 20 ed i 64 anni; il 16,4 % (1995) dagli ultrasessantacinquenni. La popolazone attiva e' costituita da 20 milioni di abitanti pari al .... %.I pensionati sono ................. milioni pari al 18 % della popolazione; Gli studenti 1,6 milioni pari al ...%.

La Tav 1 mostra la piramide delle eta' in Italia ed in Europa. Da essa si evince che la popolazione, in Italia come del resto nella Comunita' Europea, tende ad invecchiare. Infatti mentre la popolazione Italiana da 0 a 20 anni ammonta solo al 28%, quella dai 60 in poi e' di circa il 20%. E' piuttosto consistente la popolazione tra i 30 e i 50 anni ( 30% ca) che corrisponde alle nascite avvenute all'epoca del boom economico negli anni '50-'60.







Nella seconda tav. si puo' vedere il movimento naturale della popolazione neglianni 1994-1997. A Novembre del '96 la popolazione era leggermente aumentata rispetto al dicembre del 1996 (57.456.000 contro 53.333.000). Sono pero' diminuiti i matrimoni dai 269.520 del 1994 ai 257.453 del Nov. '96. Aumentano di circa 10.000 unita' i nati vivi ma aumentano anche i morti. L'Italia ha un tasso di natalita' (solo il ....% ) ed un tasso di fecondita'( pari al ....%) tra i piu' bassi del mondo.







L'aumento della popolazione e' legato anche al movimento immigratorio dall'Africa, dall'Asia e dall'Europa dell'Est che in quest anni si e' fatto piuttosto consistente. Se attualmente l'Italia e' meta di immigrati dal Sud del mondo, essa e' stata nel corso della sua storia, anche recente, terra di emigranti. Il picco massimo di questo fenomeno fu toccato negli anni tra il 1896 ed il 1914 con 8.000.000 di espatriati verso i paesi europei, l'America meridionale e gli USA. Ma continuo' anche negli anni successivi







Tabella della migrazione storica tra il 1869-70 ed il 1915. Si puo' notare come il flusso migratorio sia passato dallo 0,5% del 1870 (110.000 persone) al 2,5 del 1915 (900.000 ca persone).










Economic aspects


a. Historical problems

L'Italia risulta essere dal momento della sua nascita un paese a piu' marce: infatti mentre nel Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria) e' gia' sviluppata una embrionale industria che gravita sui mercati esteri (Francese, Svizzero, Tedesco), il centro possiede una certa organizzazione del sistema bancario, commerciale ed artigianale, il Sud e' quello con maggiori problemi. infatti l'impresa agricola, che e' la fonte principale di reddito e' strutturata in grandi latifondi coltivati estensivamente e sono presenti due soli nuclei industriali, uno svizzero, a Salerno, ed uno, che si sostiene con interventi statali a Napoli.

In ogni caso l'agricoltura occupa ben il 70% della popolazione, l'industria il 18% ed il terziario il 12% (dati 1861); Nel periodo tra il 1896 ed il 1908 l'incidenza sul PIL dell'agricoltura e' del 43% e ( nel 1911, gli addetti all'agricoltura sono il 55,5% della popolazione attiva) , quella dell'industria il 26%.

Tav. 1. Andamento del PIL privato negli anni 1861-1914: la crescita e' piuttosto lenta (1,3% annuo). L'agricoltura passa al 58% al 43%. L'industria passa da meno del 20% al 26; i servizi dal 20 ad oltre il 30%.







Tav. 2. Andamento e composizone degli investimenti (1861-1914): La dinamica degli investimenti ha una crescita annua del 2,8% con un forte scatto alla fine del periodo,infatti tra il 1905 ed il 1914 la spesa raddoppia, probabilmente per a causa del decollo industriale. Diminuiscono invece notevolmente le spese per le opere pubbliche.







Tav. 3. Prodotti industriali: zucchero ed acciaio. Entrambe partono nel 1861 da 0 e hanno un tasso di crescita elevatissimo: 26,5% annuo dello zucchero e del 18,2% annuo per l'acciaio. Il primo e' legato all'introduzione della barbabietola; il secondo dallo sviluppo delle ferrovia.







Tav. 4. Prodotti agricoli: frumento, patate, barbabietole da zucchero. Dopo circa 30-40 anni di stagnazione, la produzione comincia a crescere verso la fine del secolo. Le rese del frumento passano dallo 0,4 al 5,8%; per le patate si passa dallo 2,1% al 4,3%; la produzone della barbabietola pur subendo un rallentamento e' comunque attestata intorno al 10%.







Tav. 5. Andamento e composizioni dei consumi. (aa.1861-1914) I consumi crescono con una media annua solo dell' 1%.







Tav. 6. Spese dello Stato Italiano anni 1946-1969. Il cambiamento della societa' e del suo modo di produrre modifica necessariamente anche le spese pubbliche. Esse passano infatti dal 12,7% del 1946 al quasi 20% del 1969. Sono gli anni del Boom economico, lo Stato si organizza. Si riduce l'acquisto di beni e servizi ma aumentano i trasferimenti, segno dell'inizio del welfare state.










b. Attuali

Tav. 7. Nonostante il grande sviluppo economico e sociale l'Italia continua ad essere un paese piuttosto squilibrato al proprio interno. L'industria e' attestata soprattutto nel Nord e nell'area romana mentre il Sud, che pure ha subito un processo di industrializzazione negli anni '70 ed '80 non e' riuscito a decollare. Rispetto a questa situazioe si presentano essenzialmente due problemi: il primo e' legato ad un progetto di sviluppo completamente assoggettato ad interessi clientelari che ha portato alla nascita di " cattedrali nel deserto" spesso svincolate dai processi economici nazionali ed internazionali: e' significativo in questo senso il caso di Gioia Tauro, uno stabilimento di produzione dell'acciaio, costato molte migliaia di miliardi e mai entrato in funzione per la crisi dell'acciaio. Attualmente esso e' divenuto uno dei piu' importanti porti italiani per il commercio con l'estremo oriente, ma e' fortemente penalizzato dalla carenza di infrastrutture e di vie di comunicazone adeguate. Lo stesso problema e' denunciato con forza nel Nord Est del Paese dove la piccola e media industria lamenta grandi perdite legate alla difficolta' di trasporto delle merci. La tavola, che riporta dati del 1992, rende evidenti le discrepanze strutturali dell'Italia: infatti, mentre il Nord Ovest, parte del Centro e la regione di Roma hanno dotazioni supriori alla media nazionale, il Sud e le Isole presentano situazioni di sottodotazione assoluta. In bianco sono rappresentate aree sviluppatesi industrialmente soprattutto in tempi piu' recenti che lamentano l'inadeguatezza delle strutture ai loro bisogni economici.










c. occupazione-disoccupazione

Tav. 1 Andamento della occupazione per settori di impiego (aa.1951-69).
Se nel 1951 la maggior parte degli occupati era ancora addetto al settore agricolo, nel corso del periodo considerato si assiste alla loro progressiva diminuzione a vantaggio dell'industria e dei servizi ma il settore che ha il maggiore incremento e' certamente quello delle amministrazioni pubbliche. Nasce il mito del posto fisso nello Stato e nel parastato che, alimentato da una politica clientelare, portera' al boom del settore negli anni '70, quando si fa sentire una certa recessione economica dovuta alla crisi energetica ed alle turbolenze monetarie internazionali.
Attualmente la situazione dell'occupazione nello Stato e nel parastato (ENI, IRI, IMI, INA,....) e' in calo soprattutto per ragioni di bilancio e ormai da almeno 4 anni il turn over e' stato parzialmente bloccato. E' interesante notare come l'eccessivo sviluppo della spesa per i dipendenti ha bloccato in molti settori gli investimenti produttivi. Un caso macroscopico e' rappresentato dalla Pubblica Istruzione dove oltre il 90% del bilancio e' rappresentato dalla spesa corrente.







Tav. 2. La tavola mostra gli occupati ed i disoccupati per regione. Spicca sul lato sinistro la situazione occupazionale della Lombardia con quasi 4.000.000 di adetti per i vari settori; sul lato destro e' invece da evidenziare la situazione della Calabria (quasi il 24% di disoccupati sulla popolazione attiva), e del Meridione in genere (Campania, Basilicata e Isole).







Tav. 3. La tavola mostra la situazione regionale della disoccupazione nel 1995. E' evidenziata nel Nord Ovest la situazione della Liguria con un tasso dell'11,7%. preoccupante la disoccupazione giovanile che rappresenta il 41,1%. La situazione ligure, piuttosto distante da quella delle altre regioni dell'area, e' legata essenzialmente alla dismissione delle aree produttive parastatali (IRI) concentrate nella regione di Genova ed alla incapacita' della imprenditoria privata locale di farsi carico di una nuova industrializzazione o riconversione degli impianti. Un problema simile, ma di minore entita', e' riscontrabile in Piemonte con l'8,4% di disoccupati dovuti al processo di ristrutturazione della FIAT e del suo indotto.
Nel Nord Est e' da segnalare la situazione del Friuli Venezia Giulia con il 7,6% di disoccupazione. Essa e' collegata a vari fattori: la crisi del porto di Trieste, che pero' e' attualmente in recupero, ed alla vicinanza con l'ex Jugoslavia.
Nel Centro e' il Lazio la regione con piu' disoccupati (12,7%) causati dalla crisi della piccola e media impresa e dal blocco del turn over nel settore statale.
La situazione del Mezzogiorno, gia' evidenziata nella tavola precedente, mostra la drammaticita' del problema soprattutto perche' la disoccupazione e' principalmente quella giovanile e quella di lunga durata.

La seconda dipende principalmente dalla dismissione di aree un tempo produttive come Bagnoli; la seconda e' una disoccupazione composita, infatti essa risulta avere due componenti assolutamente antitetiche:

- disoccupazione qualificata rappresentata da diplomati e laureati provenienti sia dalla borghesia che dal proletariato che vedono nella istruzione una possibilita' reale di ascesa sociale o un "parcheggio" in attesa del lavoro;

- disoccupazione non qualificata, in genere rappresentata da giovani provenienti dai ceti piu' bassi della popolazione, spesso analfabeti o quasi che, per la grave recessione economica che interessa tutta l'area, non hanno neppure la possibilita' di essere assunti come apprendisti in piccole aziende artigianali.

Un aspetto che va comunque denunciato e sul quale esistono solo stime generiche, e' quello del lavoro nero, che utilizza spesso giovanissimi in condizioni di semi schiavitu' (20.000 £ al giorno per 15 ore di lavoro, come nel caso delle camiciaie Pugliesi).
A questo proposito bisogna anche dire che non solo nel Merdione sono presenti grandi sacche di manodopera non qualificata. Infatti un caso macroscopico e'rappresentato dal Nord Est del Paese dove,paradossalmente, proprio la grande disponibilita' di posti di lavoro genera una bassissima scolarizzazione della popolazione ( i giovani si fermano generalmente all'obbligo = 14 anni) . Questo, nel lungo termine, potrebbe rivelarsi un fenomeno di certa recessione economica dell'area.







Tav. 4. La tavola individua i lavoratori impiegati per settore e le dimensioni dell'impresa. L'aspetto piu' notevole e' costituito proprio dalle dimensioni dell'impresa. Infatti in Italia, diversamente dal resto dell'Europa, prevale la piccolissima (162.273 aziende ) e media impresa (32.883 aziende), mentre l'industria con oltre 500 addetti e' costituita solamente da 16.212 aziende.







Tav. 5 rappresenta graficamente la distribuzione degli occupati in base alle dimensioni dell'impresa confrontandola con la situazione di altri paesi europei. Si noti come in Italia la piccolissima impresa occupi il 59% degli occupati, contro il 19% di Germania e Gran Bretagna; e che in Italia solo il 19% egli occupati lavora in aziende di grandi dimensioni contro il 52% della Germania ed il 47% della Gran Bretagna.







Tav. 6 Mostra la situazione Occupati/disoccupati per titolo di studio confrontando i dati del 1978 con quelli del 1994.
Nel 1978 la percentuale piu' consistente di lavoratori occupati (ca.60% ) possedeva come titolo di studio la Ulicenza elementare o nessun titolo. Questo fatto si spiega principalmente considerando che si trattava di lavoratori anziani o di giovani occupati nell'agricoltura o nell'edilizia; La percentuale di licenziati dalla scuola media (unificata nel 1962 ed ancora parte della scuola dell'obbligo) occupati era di circa la meta' (25%ca) rispetto ai lavoratori senza titolo di studio; i Diplomati occupati erano meno del 20% ed i Laureati meno del 10%. Corrispondentemente ai dati gia' analizzati, anche la percentuale dei lavoratori disoccupati aveva un trend analogo al precedente con un'ovvia iduzione del tasso tra i privi di titolo ( 30% ca ); 38 % ca tra i icenziati dalla scuola media, 28% tra i diplomati e meno del 10% tra i aureati.
La crescita del settore terziario e la maggiore scolarizzazione ha ortato un notevole cambiamento nella struttura occupazionale nel 1994, infatti, sono aumentati gli occupati laureati e diplomati e quelli in ossesso della licenza dell'obbligo mentre si sono ridotti ad 1/3 quelli on la licenza elementare o senza titolo. E mentre e' rimasto pressocche' nvariato il numero dei disoccupati forniti di titolo di studio e' otevolmente aumentato quello dei licenziati dalla scuola dell'obbligo.







Tav. 7. Contratti di Formazione Lavoro. Questi contratti, della urata di due anni, vennero sanciti da una legge del 1984 per far fronte l problema della disoccupazione giovanile (interessano infatti lavoratori l di sotto dei 30 anni) e della professionalizzazione in funzione dei isogni dell'industria.
Essi hanno due grossi limiti: il primo e' rappresentato dal basso limite di eta' richiesto per poter essere assunto; il secondo dipende dal fatto che l'industria, pagando oneri piu' bassi, spesso non conferma l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori assunti con contratto di formazione, per poter continuare a godere dei benefici economici. Si puo' notare come le regioni piu' attive nella presentazione dei progetti e nelle assunzioni siano il Veneto e la Lombardia, cioe' quelle con la piu' forte dinamica economica.
Una piaga sociale per la quale non vi sono stime attendibili e' costituita al lavoro nero diffuso in quasi tutta l'Italia.(...).
Un fenomeno interessante e' invece costituito dal lavoro volontario che in questi anni e' notevolmente cresciuto. Come fenomeno e' diffuso soprattutto al Nord ed e' particolarmenet presente nei settori socio-assistenziali e sanitario dove integra fortemente le carenze dello Stato. Significativa a mio giudizio la scarsa presenza di associazioni di tutela archeologica ed ambientale in un paese estremamente ricco i qusti beni che, secondo me, sottolinea ulteriormente la scarsa attenzione culturale che in questi anni e' stata rivolta a questo settore.











3. Sistema scolastico

Il sistema scolastico attualmente in funzione in Italia e' probabilmente destinato a durare solo altri pochissimi anni, in quanto l'attuale ministro della Pubblica Istruzione ha presentato una proposta di riforma globale del sistema che dovrebbe renderlo piu' funzionale e flessibile rispetto al mondo del lavoro.

Attualmente la formazione scolastica si divide in due grosse tranches:

Accanto a questo sistema, finanziato dallo Stato e dipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione, esiste anche un sistema regionale a carattere professionalizzante.

Tav. 1. La dispersione scolastica e' altissima soprattutto tra i maschi e tocca punte di quasi il 40% nel primo anno delle scuole professionali. E' piuttosto bassa nei licei classico e scientifico, ma questo si spiega considerando il background culturale di chi accede ai due tipi di scuola.







Tav. 2. Il sistema attualmente preferito dagli italiani, che accedono al secondo spesso dopo il diploma di Scuola media superiore, e' certamente quello statale con l'80% dei ragazzi; mentre solo il 15,4% frequenta prima o dopo corsi di formazione regionali.







Tav. 3. Nel confronto con gli altri Paesi europei, il tasso di laureati italiani risulta nella norma. Da notare pero' che







Tav. 4. La tavola presenta la spesa regionale per la Formazone Professionale negli anni 1991-1994.
E' da notare che essa ha raggiunto il massimo nel 1993 e che nel 1994 essa e' stata notevolmente inferiore al 1991. Non tutte le regioni, pero', hanno diminuito nel triennio il loro impegno come la Campania (-74,2%), il Lazio (-64%), il Molise (-62,9%), altre come la Basilicata (74,8%), L'umbria, L'Emilia, il Veneto continuano comunque ad investire. Va anche notato che, in ogni caso, l'investimento piu' forte avviene nelle regioni del meridione, mentre quello meno consistente e' nel Centro.







4. Welfare

Tav. 1 Confronto tra Welfare italiano ed Europeo.
Il Welfare Italiano e' piuttosto squilibrato a favore delle pensioni. La spesa pensionistica, (Previdenza) infatti, assorbiva nel 1995 il 15,1% del PIL (13,74 nel 1994) contro il 13,5% della Germania, e l'11,9% della media europea mentre di cio' che restava del 25,8% del PIL stanziato per la spesa sociale nel 1992,Ñ 4% alla sanita'(contro il 6,5) della media europea, e solo il 3,7% ad altri bisogni quali le politiche per l'occupazione, l'indennita' di disoccupazione, la famiglia, la casa... a fronte di un 8,8% del resto dell'Europa.
Tutto cio' e' dovuto ad una serie di errori di valutazione che portarono nel 1965 alla creazione delle pensioni di anzianita' (35 anni di contributi ed eta' variabile); 1968 con la legge Boldrini a passare dal sistema rigidamente CONTRIBUTIVO (pensione in base ai versamenti effettuati) in vigore a quello RETRIBUTIVO (pensione in base alla media degli stipendi degli ultimi 5 anni); alla definizione nel 1973 di un sistema speciale per i dipendenti statali che potevano andare in pensione con 20 anni di servizio per gli uomini e con 15 anni, 6 mesi ed un giorno per le donne sposate; Nel 1969, inoltre erano state istituite le pensioni sociali per quei cittadini privi di reddito che avessero raggiunto i 65 anni anche senza alcuna contribuzione.
Lo squilibrio pensionistico tra Italia e paesi UE e' visibile anche sulla retribuzione media netta sia nei confronti dei pensionati con carriera contributiva piena (89% Italia / 75 % UE) che di quelli pensionati al minimo (19% Italia / 36% Ue).
Le pensioni sono anche state uno strumento utile all' industria, infatti nel 1994, p.es., sono stati prepensionati ca. 50.000 lavoratori delle ferrovie, 17.000 nelle aziende siderurgiche..., che ha potuto in questo modo ristrutturarsi liberandosi della manodopera piu' anziana e quindi piu' costosa. E' da rilevare che gli oneri di questa operazione sono a carico dello Stato.
I lavoratori licenziati da aziende con piu' di 15 dipendenti (e' quindi esclusa la piccolissima impresa che rappresenta comunque un elemento importantissimo el tessuto sociale italiano ) hanno diritto alla CIG, (Cassa Integrazione Guadagni) che puo' essere ordinaria (legata a motivi congiunturali) o speciale (in caso di ristrutturazione aziendale). Essa e' pari a circa l'80% della retribuzione normale e viene pagata con un fondo sostenuto dalle imprese. (Tav.2 Tabella CIG)).










Se l'azienda (con piu' di 50 dipendenti) chiude o comunque se dopo la ristrutturazione aziendale il lavoratore non e' stato reinserito, egli viene iscritto alle liste di mobilita' e riceve per un anno lo stipendio, in proporzione all'eta', dallo Stato. (Tav.3 Liste di mobilita').










Anche i cittadini invalidi hanno giustamente diritto ad aiuti da parte dello Stato che possono essere o una pensione (pensione di invalidita' erogata dall'INAIL (Istituto Nazionale infortuni sul lavoro) solo per coloro che hanno contratto l'invalidita' sul posto di lavoro; o dall'INPS (che paga anche le pensioni per i dipendenti privati,per gli anziani senza reddito...) per coloro che sono affetti da malattie disabilitanti dalla nascita ) o un lavoro. In quest'ultimo caso e' da ricordare che quello dei falsi invalidi e' stato uno degli scandali piu'gravi e recenti dell'Italia, infatti dato che l'assunzione del lavoratore invalido avveniva per via diretta, cio' si e' prestato ad atteggiamenti clientelari.
Le pensioni di invalidita' sono passate dai 7.813.452 del 1980 ai 7.187.194 del 1994 ed il loro importo medio e' salito nello stesso periodo da 6.300.000 annue a 8.000.000.

Per quanto concerne gli aiuti ai disoccupati, bisogna intanto rilevare che solo l'8% ne ha diritto (in Europa 42%) e che i giovani maggiorenni in cerca di occupazione non percepiscono dallo stato alcun aiuto (in Eu ottengono invece mediamente il 25% della retribuzione media) e che i cittadini disoccupati senza reddito sono soggetti allo stesso trattamento (in Europa ricevono mediamente il 22% del PIL medio procapite). Attraverso la cd. Pensione Sociale, i cittadini anziani senza reddito ricevono circa il 16% del PIL pro capite (in Europa il 29%).

Si evince subito chiaramente che il primo nodo da sciogliere per risolvere il problema dell'eccedenza di peso delle pensioni e' quello di separare Previdenza (spesa pensionistica) ed Assistenza (spese sociali) che in questo momento rappresentano una sola voce e sono in qualche modo gestite unitariamente.

Tav. Tabella riassuntiva dell'andamento sociale ed economico dell'Italia nel 1996:
L'incidenza della poverta' nel '96 e' in leggerissimo calo rispetto all'anno precedente ma e' aumentata i piu' di un punto % rispetto al 1994. Essa riguarda principalmente i ragazzi fino a 18 anni e gli ultrasessanta-cinquenni ed e' attestata principalmente al Sud. Il disagio giovanile e' molto forte per l'assenza di lavoro e sono molto numerosi i giovani che vvono in famiglia fino a piu' di 30 anni e questo comporta anche una certa riduzione dei matrimoni (-2,8%).
Anche la natalita' e' in calo sia per una diminuzione dell'ottimismo nel futuro che per ragioni strutturali (penuria di asili nido, organizzazone del lavoro...).
Aumenta la delinquenza minorile straniera ( zingari ed immigrati clandestini) connessa soprattutto allo spaccio di droga ed alla prostituzione (+60%).
Il reddito e' aumentato del 4,7% ma non e' aumentato corrispondentemente il potere d'acquisto della moneta e inoltre diminuisce la propensione al risparmio che probabilmente risponde sia ad un fattore emozionale (non ha senso risparmiare se non si vede la prospettiva di investimenti) che economico (aumenta il reddito ma diminuisce il potere d'acquisto della moneta).

























5. Protezione sociale

Analizzare i meccanismi di funzionamento della protezione sociale in Italia non si rivela semplice. La gestione e l'erogazione delle prestazioni socio-assistenziali e sanitarie si configura infatti come una struttura frammentaria e complessa, articolata nelle diverse competenze affidate allo Stato, alle Regioni e agli Enti Locali (Province, Comuni, Aziende sanitarie...) L'assenza di una legge quadro nazionale nel campo dell'assistenza e la diversa dislocazione di servizi e strutture idonee sul territorio nazionale provoca speso grandi squilibri e molti disagi per gli utenti, che non sempre vedono tutelati e realizzati i propri diritti.
Ciò si verifica soprattutto nei piccoli Comuni, penalizzati sia per l'assenza o la carenza di servizi e strutture di qualità - e dunque costretti a esodi verso le grandi città- sia per i magri bilanci che non permettono di fronteggiare le diverse esigenze della gente e di proporre iniziative di intervento socio- sanitario.
In relazione all'affermarsi del concetto di sicurezza sociale, tesa a tutelare la salute e il benessere psico- fisico di tutti i cittadini non esiste ancora un sistema razionalizzato che dia spazio alle diverse e forti potenzialità che le politiche sociali sono in grado di esprimere:
Questo limite nella razionalizzazione dei servizi sociosanitari è ancora più evidente se si pensa al complesso quadro normativo che indirizza la protezione sociale, e alla miriade di leggi e decreti che regolano funzioni e competenze degli Enti Locali. Strumenti, mezzi economici e/o tecnici, strutture e risorse di cui tutti i cittadini possono (e devono) usufruire in caso di necessità sono dunque inseriti in una architettura molto elaborata e disomogenea. Pur indirizzati da leggi nazionali e regionali e da norme proprie, gli Enti Locali hanno infatti la facoltà di decidere in quale modo e quanto denaro investire nei servizi sociali: molti interventi e iniziative (a favore di anziani, disabili, emarginati sociali...), pur nel rispetto delle competenze e degli obblighi legislativi, sono dunque affidati alla discrezionalità e alla sensibilità delle Amministrazioni locali. Gli effetti di questa impostazione strutturale sono facilmente deducibili.

Il dato preoccupante, dunque, in Italia, rappresentato non tanto dalla dimensione della spesa pubblica, pur preoccupante, ma dalla sua non equilibrata distribuzione, orientata solo in minima parte verso il settore della assistenza sociale (disoccupazione, sostegno a famiglie disagiate...), essendo la maggior parte assorbita dalle sistema pensionistico, che necessita anch'esso di riforme.
Proprio per ovviare a queste carenze strutturali e per ottimizzare le potenzialità che lo Stato - in risorse economiche, professionali e umane - può esprimere, il Governo italiano in questi mesi sta varando una serie di riforme dello Stato Sociale in grado di soddisfare le sempre più complesse esigenze della società attuale; di prevenire molti disagi del mondo giovanile attraverso campagne di sensibilizzazione e prevenzione; di creare una rete di servizi a sostegno anche delle comunità più piccole; di evitare sprechi e sovrapposizioni a favore di una corretta razionalizzazione dei servizi pubblici e dalla spesa ad essi connessa. Tutto per il rispetto e la tutela della dignità umana e dei diritti dei cittadini alla salute e all'assistenza.

Per offrire una visione generale e semplificata della struttra sociale saranno di seguito trattati alcuni importanti aspetti del complesso quadro normativo che va sotto il nome di Legislazione sociale.
Le norme - eterogenee tra loro, emanate in epoche diverse e ancora vigenti., (pur alcune non molto attuali) - non sono, come detto, facilmente inquadrabili in un sistema organico ben preciso.
Si può comunque definire l'oggetto della legislazione sociale nei due indirizzi più importanti e seguiti: l'ASSISTENZA e la PREVIDENZA.

Previdenza sociale (riguarda il Diritto del lavoro): garantisce, al verificarsi di determinati eventi dannosi (malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria), specifiche prestazioni, al fine di tutelare i lavoratori subordinati in caso di necessità. E' una forma di assicurazione sociale. obbligatoria per tutti i lavoratori dipendenti. Risale al 1898, quando le cattive condizioni igienico- sanitarie; lo sfruttamento dei lavoratori più deboli, lo svilupparsi di malattie professionali e altro resero necessario l'intervento tutelativo dello Stato. E' il sistema previdenziale più oneroso di tutta Europa. L'istituto più grande che gestisce la previdenza sociale è l'INPS.

Assistenza sociale: é la parte della legislazione sociale che, in caso di necessità, eroga - attraverso l'istituzione di servizi pubblici-prestazioni di tipo sanitario, morale, economico, sociale e riabilitativo, a tutti i cittadini, indipendentemente dal verificarsi di eventi dannosi. "Lo Stato, per alcune situazioni di bisogno non valutabili aprioristicamente, non potendo ricorrere a sistemi previdenziali, si affida alle forme assistenziali. In pratica, integra la previdenza in quei settori e per quelle persone che, non coperti da altro tipo di assicurazione, sono esposte ad uno stato di necessità..
In pratica lo Stato deve : a) garantire a tutti una esistenza libera e dignitosa; b) tutelare la salute di tutti; c) rimuovere ostacoli economici e sociali (...) impediscono lo sviluppo della persona ...1, L'assistenza sociale è un diritto sancito dalla Costituzione (art;38).
Dal 1977 un decreto legge ha delegato ai COMUNI l'organizzazione e l'erogazione di numerosi servizi d'assistenza, secondo criteri stabiliti da leggi Regionali.
Nel quadro proposto sono sintetizzate alcune delle diverse funzioni e competenze degli Enti pubblici territoriali:



I SOGGETTI ATTIVI DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

A) ORGANI STATALI:
Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL);
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale;

B) ORGANI STATALI LOCALI:
Ispettorato del Lavoro;
Ufficio del Lavoro e della Massima occupazione;
Altri Organi del Ministero del Lavoro (centro di emigrazione ...);
Prefetto
altri uffici;

C) ENTI PUBBLICI:
territoriali: Regioni; Province; Comuni;

D) SOGGETTI PRIVATI:
Organizzazioni sindacali;
Organizzazioni Internazionali: Org. Intern. del Lavoro (O.I.L)
Organ. Nazioni Unite (O:N:U:).

E) ISTITUTI DI ASSICURAZIONE SOCIALE



In Italia, i due più grandi istituti di previdenza che provvedono alla tutela dei lavoratori e gestiscono le diverse forme di assicurazione sociale sono: l' I.N.P.S. e l'I.N.A.I.L.

L'I.N.P.S: Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Ë il maggiore degli istituti erogatori delle pensioni e delle assicurazioni sociali obbligatorie quali la vecchiaia, la disoccupazione, le malattie... Al fine di tutelare il lavoratore che, nello svolgimento del proprio lavoro, è sottoposto ad una serie di rischi che il suo stipendio non potrebbe sostenere, è stata formulata una legislazione che aiuta soprattutto economicamente a ovviare a questi eventi dannosi. Eroga queste prestazioni avvalendosi di mezzi finanziari provenienti dal versamento di contributi. Essi sono corrisposti periodicamente (ogni mese) al lavoratore fino alla fine del rapporto lavorativo dal datore di lavoro. Una minima parte proviene da trasferimenti dello Stato.

Il versamento obbligatorio dei contributi varia in base all'attivit‡ svolta, al settore (industria, commercio, artigianato...) e alla qualifica dei dipendenti (operai, dirigenti... ). Diversa la situazione dei lavoratori autonomi, per i quali i contributi per le pensioni si calcola in percentuale del reddito di impresa (Irpef). Si tenta di estendere la tutela dell'INPS anche ad alcuni lavoratori autonomi. Nello specifico, l'INPS gestisce:



L' I.N.A.I.L: Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro infortuni sul Lavoro.
Casi di infortunio sul lavoro; malattie professionali (silicosi, asbestosi...). L'assicurazione è resa obbligatoria a tutti i lavoratori. Risale al 1898. E' un Ente sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e in parte del Ministero della Sanità.
Istituti minori: limitato ad alcune categorie di lavoratori:
E.N.P.A.S: Ente Naz. le di Previdenza e Assitenza per gli statali
E.N.P.A.L.S: per i lavoratori dello spettacolo;
I.N.P.D.A.I.S.: per i dirigenti di aziende industriali ...




LA TUTELA DELLA SALUTE:

Dal 1978, anno della riforma sanitaria, la tutela della salute è affidata al SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (S.S.N.). "Tale riforma costituisce uno dei fatti politico- sociali più importanti degli ultimi tempi e un importante elemento per lo sviluppo del sistema previdenziale. Rappresenta un sistema di assistenza e sicurezza sociale più organico e razionale" .
La tutela previdenziale contro le malattie e l'assistenza sanitaria con tale riforma è stata estesa a tutti i cittadini ed è disciplinata con l'intervento diretto dello Stato. La spesa pubblica in materia sanitaria è considerevole, e non perchè si opera un buon investimento nella tutela della salute. Essa è determinata da una non corretta gestione manageriale, a tagli non razionali, a sovrapposizioni di competenze e strutture, fattore questo che vede l'edificarsi molti ospedali o strutture simili che rimangono o incompleti o sottoutilizzati. La Sanità in Italia rappresenta un grande problema, con conseguenze negative per gli utenti: sia per quanto concerne l'erogazione di servizi e assistenza, sia per le numerose tasse da pagare cui non corrisponde efficenza ed efficacia delle prestazioni. I livelli più alti per qualità e quantità si raggiungono (ma non sempre) nelle grandi città.




S.S.N.= SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Coinvolge lo Stato, le Regioni, Le Province; i Comuni, le Comunità montane nei tre momenti della tutela alla salute di: prevenzione, cura riabilitazione. La riforma sanitaria ha affidato alle REGIONI compiti attinenti l'igiene dell'ambiente, del lavoro, ... e la programmazione del piano sanitario regionale.
L' S.S.N. riguarda, nella attività di cura: assistenza medico-generica, pediatrica assistenza specialistica (prestata presso gli ambulatori dell'unità sanitaria locale); assistenza ospedaliera (prestata di norma attraverso ospedali pubblici e gli istituti convenzionati regionali); assistenza farmaceutica (fornitura di medicinali agli utenti, diversamente classificati)

Sintetizzando, in materia sanitaria, i compiti sono così ripartiti:
U.S.L.= (unità sanitarie locali) per le prestazioni generiche, specialistiche e ospedaliere;
I.N.P.S.= per la riscossione dei contributi di maternità, malattia ....
I.N.A.I.L.= per gli incidenti sul lavoro, malattie professionali.....

Considerazioni: "Proprio questa commistione di competenze (e relativi impegni di spesa) tra il settore previdenziale e assistenziale - nella tutela dei cittadini lavoratori e non - ostacola la razionalizzazione e la piena realizzazione del sistema sociale nel suo complesso: mentre la SANITA' esaurisce praticamente tutti i suoi fondi nell'espletare la funzione di cura della malattia, per le voci quali l'invalidità, la maternità, la disoccupazione, il sostegno alla famiglia.. gli scambi tra il settore previdenziale e quello assistenziale rappresentano la complessità del sistema di protezione sociale (...) Inoltre, l'assistenza viene fortemente penalizzata, come si diceva, anche nei finanziamenti a favore del settore previdenziale pensionistico, che tuttavia, nella sua configurazione attuale, presenta gravi problemi di natura organizzativa e finaziaria, a danno dei più deboli.

L'articolazione dello Stato italiano in Regioni, Province, Comuni nel pieno rispetto della loro autonomia, sempre però finalizzata al bene dello Stato, crea talvolta, come si ha detto, difficoltà nel dare risposte adeguate alle diverse e complesse esigenze dei cittadini, lavoratori e non. Occorre dunque realizzare politiche territoriali che - in concordia con il mondo del volontariato e delle associazioni non profit - realizzano tra loro reti di interventi e iniziative a sostegno del singolo e della famiglia in difficoltà, su tutto il territorio, senza discriminazioni. Solo così si riuscirà ad esprimere, con operatività e con qualità, le potenzialità comunque, in Italia, esistenti. Chissà, forse ancora oggi, dopo più di un secolo "...bisogna fare gli italiani!!!"













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