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La Germania e l'Europa nella seconda metà del XX secolo


German translation, English translation




By Edmund Ohlendorf of IWB Radolfzell e.V., GERMANY, 1997

(Italian translation of the German original by Laura Marinosci, Angell-Schule Freiburg, GERMANY)

Contribution to the EDUVINET "European Identity" subject







I. Perché la politica europea è stata per quarant'anni così importante per la Germania?

Il terzo Reich aveva cercato di occupare gran parte dell'Europa e sottometterla al suo dominio. Alla fine sarebbe diventata un'Europa sotto il segno della croce uncinata, una visione orribile che, grazie a Dio, non si è avverata grazie alla sconfitta della Germania. Al contrario, nel 1945 la Germania perse ogni influsso sulla storia europea e divenne oggetto della politica alleata.

È ovvio che sentimenti di odio e di vendetta nei popoli una volta occupati dalla Germania influenzarono il modo di pensare di molte persone, e soprattutto si volle avere la certezza che non si sarebbe più verificata una nuova minaccia da parte della Germania.

Per questo motivo gli Alleati avevano già discusso durante la guerra diversi modelli di riassetto territoriale della Germania. In questo contesto la Francia era la più interessata ad una suddivisione della Germania, mentre gli altri tre Alleati dopo la fine della guerra si allontanarono per diversi motivi dai loro piani di spartizione originari.

Nella seconda guerra mondiale vennero uccise circa cinquanta milioni di persone, molte città una volta fiorenti vennero ridotte in macerie e circa venti milioni di profughi, nella sola Europa, cercarono di trovare una nuova patria. Gli anni 1945 e 1946 furono anni in cui gran parte della popolazione europea lottò per la sopravvivenza. In questo periodo di miseria e di mancanza di prospettive, il 19 settembre 1946, Winston Churchill tenne un discorso degno di nota sul ruolo futuro dell'Europa e anche su quello della Germania e su quello della Francia. [Fonte: discorso di Zurigo di Churchill del 19.09.1946]

In questo discorso diceva: "Dobbiamo formare una specie di Stati Uniti d'Europa". Questa era per lui l'unica possibilità per superare gli orrori del passato e dare ai popoli d'Europa una prospettiva per il loro rinnovamento nella libertà, nella pace e nella sicurezza. E continuava: "Il primo passo nella ricostruzione della famiglia europea deve essere una comunione tra la Francia e la Germania." Questi due stati avrebbero dovuto assumere il comando sul continente.

Ma ciò rimase in un primo momento solamente una visione. In realtà la seconda guerra mondiale aveva così indebolito i popoli d'Europa che le due nuove potenze mondiali degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Sovietica poterono spartirsi il bottino. Il principio d'ordine che ne risultò, da una parte la minaccia sovietica e dall'altra la protezione americana, costituì per quarant'anni lo sfondo della politica mondiale.

La cortina di ferro divise sia la Germania che l'Europa in una metà occidentale democratica e in una metà orientale dominata da Mosca. Ai tedeschi fu chiaro che la questione di una riunificazione da quel momento in poi sarebbe stata strettamente connessa allo sviluppo dell'Europa. E ciò fu anche messo per iscritto come scopo politico per eccellenza nel preambolo della costituzione. [Fonte: Preambolo della Costituzione del 1949 e del 1990]

Ma all'inizio le possibilità di una propria politica estera tedesca attiva mirante ad una riunificazione erano praticamente nulle. Anche una politica tendente ad una maggiore collaborazione europea era estremamente limitata, nonostante ci fossero stati dei tentativi di mettere in pratica la proposta di Churchill. [Fonte: Adenauer propone un'unione totale tra la Francia e la Germania, 7.03.1950]

A cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale il sentimento effettivo dei francesi e anche di gran parte del popolo tedesco non era ancora maturo per tali prospettive future.

Enorme era la paura dei francesi della potenziale fabbrica d'armi dei tedeschi, il territorio della Ruhr, e quando il ministro degli affari esteri Robert Schuman, il 9 maggio 1950, propose di subordinare la produzione di carbone e acciaio della Germania e della Francia ad un controllo comune franco-tedesco, il cancelliere federale Adenauer accolse immediatamente la proposta con soddisfazione poiché ogni passo in direzione di una collaborazione europea si accordava con la sua visione di un'Europa Unita. Questa, così spiegò il 21 maggio 1950, inclusa la Gran Bretagna, da una parte non sarebbe mai diventata così forte da poter rappresentare un pericolo per una delle due potenze mondiali (U.S.A. e U.R.S.S.), ma dall'altra parte sarebbe stata forte abbastanza per mantenere l'equilibrio sulla bilancia della pace.

Ma già lo scoppio della guerra di Corea il 25 giugno 1950 preparò il terreno propizio per un nuovo modo di pensare di sicurezza europeo che fu in parte fortemente influenzato dagli interessi americani. La Francia era in difficoltà. Da una parte veniva spinta dall'America ad accettare un contributo della Germania per la difesa europea che incontrava il rifiuto di gran parte della popolazione francese. Dall'altra parte aveva bisogno degli U.S.A. e comunque non voleva perdere la sua influenza. Tutti cercavano delle soluzioni che escludessero o evitassero una sottomissione della Francia alla volontà dell'America, delle soluzioni che ad ogni modo contrastassero la tendenza americana di decidere nell'Europa occidentale secondo il proprio interesse. I programmi di Schuman e di Pleven erano stati escogitati per evitare una supremazia anglosassone riguardante importanti questioni dello sviluppo tedesco e per assicurare alla Francia una posizione di privilegio in tutte le questioni dello sviluppo europeo e nuova libertà d'azione alla sua diplomazia (1). [Fonte: Il programma di Pleven del 24.10.1950, Comunità Europea di Difesa]

Accanto agli sforzi per una sovrastruttura politica nella quale lo sviluppo della Germania avrebbe dovuto essere sottratto alle dimensioni esclusivamente americane, nessuno dimenticò la dura realtà, cioè il fatto che la Francia aspettava per il 1951 dei crediti dagli U.S.A. per superare un deficit del suo bilancio di 270 miliardi di franchi. Questa somma ammontava a più di un terzo del budget militare che a causa degli sforzi per l'Indocina e del contemporaneo obbligo in relazione a spese supplementari per l'armamento europeo era cresciuto a 850 miliardi e cioè al 12 % del prodotto nazionale lordo. Tutti questi fattori accentuarono la discussione sulla politica estera che solo in quel momento incominciò seriamente per terminare tre anni dopo con un chiaro alt alla via intrapresa da Schuman, Pleven e Monnet (2).

Il dibattito decisivo [30 agosto 1954] nell'assemblea nazionale aveva preceduto un'enorme campagna, nella quale i gollisti e i comunisti occasionalmente erano comparsi insieme e nella quale i vecchi requisiti dell'odio tedesco, dallo stivale militare prussiano che calpesta ogni cosa, fino alla caricatura del "boche" dal collo taurino e dalla fronte bassa furono nuovamente rievocati. Ma nella lotta delle argomentazioni che gli avversari del trattato addussero, ci furono obiezioni da prendere sul serio e che impressionarono anche coloro che erano ancora titubanti: "Come possiamo allearci nella buona e nella cattiva sorte con una Repubblica Federale che si porta dietro un enorme problema territoriale e una questione nazionale insoluta? E come possiamo contare su di un sistema di difesa che in caso di una riunificazione può essere annullato dalla Repubblica Federale stessa? (3).

Ora, come nel frattempo sappiamo, nel 1990 questa situazione non non si è avverata.

Ma torniamo al 1954. Fu un anno del destino per la Germania, la Francia e anche per l'Europa. Nel 1954 la Francia aveva completamente perso la sua influenza sulla politica non solo in Indocina (Den Bien Phu), ma anche in Europa e aveva dovuto lasciar fare agli americani e ciò, nel frattempo sappiamo anche questo, per più di quarant'anni, fino al presidente Mitterand.

Ma i nostri vicini occidentali e nordici, in particolar modo i belgi e i danesi, facevano altre riflessioni. Proprio a causa del problema tedesco il ministro degli affari esteri belga Paul Henri Spaak appoggiò una federazione europea e anche un esercito europeo. Esortò i suoi compagni di partito ad esercitare "una politica di fiducia arrischiata" nei confronti del giovane stato tedesco occidentale e di non ripetere gli errori della politica occidentale compiuti dopo il 1918, quegli errori "che più tardi diedero a piene mani a Hitler ciò che loro avrebbero rifiutato all'amica Repubblica di Weimar." Secondo Spaak l'unica soluzione possibile del problema tedesco si trovava "nell'integrazione a pari diritti della Germania in una federazione europea". Nelle dichiarazioni di Spaak e in riflessioni simili dei suoi contemporanei si riflettono esperienze storiche del popolo europeo del centro. Essi vedevano la chiave per una soluzione duratura della questione tedesca nell'integrazione europea occidentale o meglio europea della Germania. Secondo loro, questa concezione prometteva un successo maggiore rispetto al tentativo di opporsi ad un allacciamento politico, economico e militare dello stato parziale occidentale tedesco o dell'intera Germania nel mondo europeo (occidentale) degli stati. Spaak ripetè perciò più volte nei dibattiti di sicurezza politico europei del parlamento belga che nessuno avrebbe potuto garantire a lungo una neutralizzazione e una smilitarizzazione della Germania. Di fronte ad una Germania neutrale o neutralizzata, non integrata in Europa e incentrata su se stessa la sicurezza non avrebbe potuto essere garantita a lungo. La Germania sarebbe stata dunque come un "vuoto militare" nel cuore dell'Europa, come venne argomentato nel dibattito tedesco e europeo del Folketing danese, più un pericolo per la pace e la stabilità in Europa che altro (4).

Per la Germania l'anno 1954 fu un anno ricco di successi perché nei Trattati di Parigi del 23.10.1954 la Repubblica Federale ricevette

[Fonte: I Trattati di Parigi: da Geschichte in Quellen (Storia nelle fonti), pp. 408-410]


Il cancelliere federale Adenauer aveva raggiunto in pieno il suo scopo:

  1. aveva inserito stabilmente la Repubblica Federale nella Comunità dei popoli Europei Occidentali contro tentativi tedeschi di una nuova politica del doppio gioco tra Est e Ovest.
  2. aveva ricevuto la massima sicurezza per la libertà di Berlino Ovest e
  3. aveva ottenuto la garanzia da parte delle potenze occidentali di mirare insieme alla riunificazione della Germania.

Il prezzo che la Germania dovette pagare per tutto ciò fu l'armamento di mezzo milione di soldati contro un eventuale attacco dell'Unione Sovietica ai danni dell'Europa occidentale.

Ma la grande diffidenza dei nostri vicini europei nei confronti di una Germania rafforzata in linea di principio non era stata allontanata. Dato che era fallita sia una collaborazione strettamente militare che una corrispondente collaborazione politica, si tentò con la cosiddetta integrazione parziale nel campo economico. [Fonte: Adenauer considera l'integrazione parziale solamente come primo passo verso l'integrazione totale, 29.04.1954]

L'idea fondamentale che successi d'integrazione economici abbiano per forza come conseguenza successi politici è ancor oggi la strategia dei politici europei di primo piano e anche il programma del cancelliere federale tedesco Helmut Kohl. Questa politica, se avrà successo, raggiungerà una conclusione sicura con l'introduzione di una valuta comune. Beninteso, il fine ultimo è sempre stato un'unione politica dell'Europa per bandire la guerra da essa. I mezzi per raggiungere questo scopo costituirono passi economici d'integrazione parziale.

Ma in questa sede non ho intenzione di passare in rassegna l'efficacissima politica economica europea e ritorno dunque alla mia domanda di partenza:

Perchè la politica europea è stata per quarant'anni così importante per la Germania?

Naturalmente la riunificazione di entrambe le parti della Germania era sempre stata a lunga scadenza un desiderio della politica tedesco occidentale. Ma tutti i protagonisti sapevano fin troppo bene che un tale desiderio si sarebbe realizzato solamente attraverso un cambiamento totale della situazione nell'intera Europa. Timothy Garton Ash descrive ciò nel suo libro "In nome dell'Europa" con molta precisione:

Mentre il governo di Bonn si era dichiarato a favore di una soluzione europea e si adoperava per essa, pensava e lavorava anche per una soluzione che fosse completamente tedesca. Attraverso un comportamento ovunque intenzionalmente pacifico, coperativo e "europeo" costruiva il capitale di fiducia, come lo definì Genscher. Queste riserve di fiducia al pari delle riserve di marchi tedeschi - e il capitale di fiducia era costituito certamente anche dalla fiducia nel capitale tedesco - vennero adoperate molto ed efficacemente per conseguire l'unione tedesca. Quando Genscher disse: "La nostra politica estera è tanto più nazionale quanto più europea" descriveva così un paradosso apparente - e una reale ambiguità.

Qui si sente la chiara eco di Stresemann. Se si ricercano dei parallelismi nella storia precedente della politica estera tedesca, si scopre che la mescolanza delle tradizioni di Adenauer e di Bismarck, come le identificò Waldemar Besson nel 1970, si era avvicinata negli anni '80 più alle tradizioni di Stresemann, un modello che Kohl come Genscher doveva confermare con gioia. Come ai tempi di Stresemann fu fatto anche allora il tentativo di raggiungere dei fini nazionali e revisionistici attraverso la paziente ma attiva riabilitazione della Germania all'interno della comunità internazionale, attraverso negoziati pacifici, un impegno per un'Europa in armonia e una riconciliazione generale, sebbene ci fossero ancora grandi differenze qualitative tra la Locarno occidentale e quella orientale. Come ai tempi di Stresemann ci fu anche in quel momento una mescolanza difficile da analizzare tra vero impegno dell'Europa e nazionalismo genuino, tra un più o meno simulato impegno dell'Europa nei confronti dell'estero, ma anche tra un più o meno simulato nazionalismo nei confronti di determinati gruppi all'interno della propria terra, così come verso i tedeschi delle regioni perdute dell'Est (5).

Certamente il paragone con la politica di Stresemann non calza quasi per niente con gli anni '80, perché il cancelliere Helmut Kohl si è dedicato con tutte le sue forze ad una visione di un'Europa unita nei limiti della Comunità Europea. Estendere la politica in direzione sudoccidentale e rafforzarla istituzionalmente aveva una priorità maggiore rispetto ad una politica orientata verso l'Est. Ma quest'ultima non fu mai persa di vista dal ministro degli affari esteri Genscher.

Diversi erano i motivi per una politica di una più stretta collaborazione europea occidentale:

Nel momento in cui tutto ciò, assieme ad altri fattori, divenne valido anche per l'Unione Sovietica, la R.D.T. aveva i giorni contati.



II. L'Europa continuerà ad essere importante anche in futuro per una Germania riunificata?

Dapprima noi tedeschi dovemmo renderci conto negli anni dopo il 1990 che in realtà ancora una volta solo gli americani, come già nel 1954 e nel 1989, non avevano paura della Germania e convincemmo con un programma unico sia l'Unione Sovietica che la Gran Bretagna e la Francia del fatto che una riunificazione delle due parti della Germania sarebbe stata più vantaggiosa che una sopravvivenza della divisione.

In particolar modo Margaret Thatcher e anche un "grande amico" della Germania, Francois Mitterand, mostrarono nel 1990 che il loro modo di pensare era ancora radicato nel IX secolo e i tedeschi possono oggi solo sperare che nel frattempo questa mentalità sia superata nella maggior parte della popolazione inglese e tedesca.

Ulrich Albrecht, un interessato ai negoziati 2+4 ha raccolto nel suo saggio "Il regolamento internazionale della riunificazione" alcune dichiarazioni che hanno suscitato riflessioni in Germania.

La condotta inglese e francese è facile da capire. Ci si era fidati del veto sovietico. Per lo meno in questo modo si era guadagnato del tempo. L'americano Robert D. Blackwill giudica ancora una volta calzanti le priorità americane: "Se la Gran Bretagna e la Francia avessero dovuto operare una scelta tra l'opzione di provocare l'unità tedesca nell'interesse di un'appartenenza tedesca al Patto Atlantico, e l'opzione di esercitare i loro diritti di quattro potenze così che i due stati tedeschi si sarebbero riunificati solo in un interminabile processo evolutivo, si sarebbero sicuramente decisi per la seconda dilatatoria possibilità." Nel febbraio del 1990 Francois Mitterand reagì furioso alle prime concessioni del presidente sovietico. "Cosa salta in mente a Gorbatschow? Mi assicura di non cambiare idea e poi cede tutto! Cosa gli ha dato Kohl in cambio? Quanti miliardi di marchi?" Alcuni mesi più tardi, in occasione di un viaggio a Mosca alla fine del maggio del 1990 - i negoziati sono avviati in pieno - Mitterand continua: "Gorbatschow pretenderà da me che io mi opponga alla riunificazione tedesca. Lo farei volentieri se credessi che non cambierà opinione. Ma perché devo litigare con Kohl se Gorbatschow mi pianterà in asso tre giorni più tardi?

Margaret Thatcher scrive ancora una volta apertamente: "Se c'è un caso in cui uno dei miei programmi perseguiti in politica estera è fallito senza alcuna ambiguità, è stata la mia politica nei confronti della riunificazione tedesca". "Il problema era", così continua (riferendosi ad un colloquio avuto con Mitterand) "che in realtà non c'era in Europa nessuna forza che poteva fermare la riunificazione". Anche la Thatcher ritiene erroneamente che Gorbatschow sia stato " comprato": "Il malinteso sarebbe divenuto presto evidente. Nell'incontro di Crimea di giugno il cancelliere tedesco occidentale accettò di dare una somma che dovette sembrare enorme ai sovietici, sebbene effettivamente avrebbero potuto ricevere molto di più."

I dettagli del cambiamento di opinione della politica britannica e francese nella questione dell'unificazione tedesca si lasciano seguire d'ora in poi in fonti americane. Robert D. Blackwill indica la seconda metà dell'aprile del 1990, immediatamente prima dell'inizio dei negoziati 2+4 a livello ministeriale, come periodo della svolta: "Il 13 aprile il presidente Gorbatschow si incontrò alle Bermuda con il primo ministro Thatcher e il 19 aprile sull'isola di Key Largo con il presidente Mitterand. Il 25 aprile ebbe una lunga telefonata con Kohl. Dopo questi sforzi intensi del presidente il governo inglese e quello francese abbandonarono finalmente il loro atteggiamento titubante e dichiararono la loro disponibilità a cessare i loro diritti di quattro potenze nel momento della riunificazione. "

La coalizione del veto non si mantenne non solo per motivi politici di potere. Ad un esame attento sarebbe fallita anche perché le tre potenze non potevano manifestarsi apertamente contro un gran principio della politica internazionale, il diritto dell'autodeterminazione dei popoli, tanto più che la rafforzata osservanza di questo principio aveva caratterizzato la svolta politica occidentale del 1989/90. Così in questo caso è stato il raro parallelismo di interessi di potere con un principio politico fondamentale, ma non la destrezza diplomatica di alcune personalità politiche a condurre rapidamente all'approvazione generale della nuova unione dei tedeschi (6).

È deplorevole che solo il potere della realtà e l'implorazione di Helmut Kohl riuscirono a far cambiare idea al presidente Mitterand riguardo al futuro ruolo della Germania in Europa e a fargli sviluppare un nuovo piano.

Nell'aprile del 1990 Mitterand spiegò in un incontro con Kohl la sua visione dei "tre cerchi" - una figura geometrica che ricorda agli storici un disegno precedente con uno sfondo ben diverso: nel 1953 Churchill aveva fatto uno schizzo simile per Adenauer sul retro di un menù. [Fonte: disegno di Winston Churchill]

Mentre i tre cerchi di Churchill - gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Commonwealth, l'Europa Unita - erano policentrici, ma s'intrecciavano, quelli di Mitterand erano concentrici. La Francia e la Germania formavano il cerchio più interno. Il cerchio successivo era il resto dell'attuale Comunità Europea. Nel terzo cerchio c'era l'intero continente europeo. Si potrebbe definirla l'idea della piccola Europa. Derivava dalla linea di tradizione, o almeno da una di esse, delle originarie comunità europee dei primi anni '50, ma ancora di più dal periodo dopo il trattato dell'Eliseo tra la Francia e la Repubblica Federale. Si trattava di una visione dell'Europa che concordava con quella di Helmut Kohl (7).

L'interrogativo se l'Europa continuerà ad essere importante per la Germania anche in futuro, dipende moltissimo dalla Francia, perché senza una stretta collaborazione tra la Germania e la Francia - ciò era stato detto da Winston Churchill già nel 1946 - non ci può essere alcuna risurrezione dell'Europa in qualità di potenza autonoma nella politica mondiale.

Oggigiorno tutti gli stati d'Europa presi singolarmente sono troppo deboli per poter muovere qualcosa sulla scena mondiale. Perciò rimane loro in realtà solamente la scelta tra una collaborazione sempre più fitta in Europa o diventeranno tutti più o meno velocemente popoli ausiliari o fornitori degli interessi americani.

Questo sviluppo, per esempio, è in pieno corso nella N.A.T.O. o nell'industria elettronica e nella società d'informazione che si sta sviluppando o nella circolazione universale dei capitali. Un atteggiamento critico di questo fenomeno non è un'espressione di sentimenti antiamericani, bensì pone la domanda secondo quali valori noi europei vogliamo vivere in futuro. Proprio noi tedeschi non abbiamo alcun motivo di lamentarci della politica americana degli ultimi cinquant'anni, perché ci ha dato di più di quanto fosse disposta la "classe politique" (8) francese, per non parlare della Gran Bretagna.



III. L' "identità europea", un compito futuro per la Germania in Europa?

La politica della Germania a favore dell'Europa nella seconda metà del XX secolo ha avuto essenzialmente tre motivi:

  1. Recuperare la sovranità nazionale, cosa possibile solo attraverso un'identificazione con gli interessi dell'Europa occidentale e quelli degli U.S.A.
  2. Il compito parziale a favore dei diritti nazionali delle istituzioni europee era una possibilità di bandire la rinascita della mentalità concorrenziale in Europa e di cambiare le strutture mentali egemoniali dei tedeschi in in direzione di soluzioni di cooperazione (addomesticamento dei desideri di espansione tedeschi).
  3. Solo attraverso un'identificazione con un ordinamento di pace europeo era possibile conseguire una riunificazione di entrambe la parti della Germania.

Dunque si potrebbe pensare che una politica della Germania a favore dell'Europa sia stata fino agli anni '90 del XX secolo solo uno strumento di interessi puramente nazionali. Ciò non è del tutto giusto. E, dato che i tre motivi soprammenzionati vengono a mancare nel XXI secolo, ci si deve domandare nuovamente "cosa significherà in futuro l'Europa per la Germania e per tutti gli altri popoli europei?", cioè, in termini più concreti:

L'Unione Europea è un modo di organizzazione sovrannazionale o transnazionale che può dare ai suoi cittadini più dello stato nazionale classico del XIX e del XX secolo, e cosa siamo disposti noi a sacrificare?

Il più consisterebbe in:

Quando si giungerà all'opinione che l'Unione Europea è in grado di dare tutto ciò, allora non sussisterà più il problema della mancanza di una identità europea. Ma è evidente che esistono molti tedeschi e anche molti europei che non sono convinti di queste prestazioni o non riescono a rendersi conto o non ancora, che un'identificazione con interessi europei a media e a lunga scadenza può migliorare il proprio benessere più di un cammino solitario, anche se questo porta vantaggi a breve scadenza.

Certamente nessun paese in Europa riceverà un plusvalore europeo gratis, e tutto dipenderà da quale prezzo si è disposti a pagare e per quale plusvalore.

Proprio in questo contesto tutte le istituzioni di cultura hanno davanti a sé un compito grande e pieno di responsabilità.









  1. WEISENFELD, Ernst: Frankreichs Geschichte seit dem Krieg. Von De Gaulle bis Mitterand (Storia francese dopo la guerra. Da De Gaulle a Mitterand). (2· edizione rivista e aggiornata, Beck'sche Schwarze Reihe, vol.218, München, 1982) p.81 sgg.
  2. WEISENFELD, Ernst: Storia francese dopo la guerra. op. cit. p.72 sgg.
  3. WEISENFELD, Ernst: Storia francese dopo la guerra. op. cit. p.83
  4. 4. GRUNER, Wolf D.: Die deutsche Frage in Europa 1800-1990 (La questione tedesca in Europa 1800-1900). (Serie Piper, vol. 1680, München 1993), p.271
  5. GARTON ASH, Timothy: Im Namen Europas. Deutschland und der geteilte Kontinent (In nome dell'Europa. La Germania e il continente diviso). (Fischer tascabili 13514, Frankfurt 1996), p.523 sgg.
  6. ALBRECHT, Ulrich: Die internationale Regelung der Wiedervereinugung. Von einer "No-win" Situation zum raschen Erfolg (Il regolamento internazionale della riunificazione. Da una situazione di "No-win" al successo rapido). in: Aus Politik und Zeitgeschichte (dalla politica e dalla storia contemporanea), inserto al settimanale "Das Parlament"(Il Parlamento) B 40/96, Bonn, 27 settembre 1996), p.10 sgg.
  7. GARTON ASH, Timothy: In nome dell'Europa op. cit. p.572
  8. FRITSCH-BOURNAZEL, Renata: Europa und die deutsche Einheit (L'Europa e l'unità tedesca) (ed. Bonn aktuell, München, 1990), p.242















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